#MilanoNonSiFerma fa veramente schifo.
Potremmo lasciare questi spot patinati agli esperti marketing di prodotti da accumulo?
Non siamo a New York.
Milano è un’altra cosa.
Da 2 settimane le scuole sono chiuse. TUTTE chiuse.
Chiusa la mia scuola elementare.
Chiusa la mia meravigliosa scuola d’arte.
Chiusa anche la scuola dove finalmente, dopo appena 39 anni su questa Terra, avevo deciso di iscrivermi per seguire un fottuto corso di danza del ventre!!
Ebbene sì. 2 lezioni.
39 anni di attesa.
E dopo 2 lezioni ha chiuso.
Quel video fa veramente cagare e non racconta NULLA di come stanno le cose.
Ora ve lo racconto io come va.
Va che all’inizio ci ridi su, è insolito, surreale, meme e ricordi da film apocalittici in corso.
Il parentado ti chiama a ore alterne per ricordarti di stare attenta (maesia te lo fossi scordato!), tua madre ti minaccia di venir su dalla Sicilia e trasferirsi a casa tua se esci ancora la sera con gli amici. Pian piano capisci che il timore è reale, anche tra chi come te è un asso di razionalità.
Non per quei 3-4 reparti svuotati al supermercato (uova, carne, farina, alcool), ma perché i negozi chiudono, la gente diviene monotematica, arrivano le notizie di chi tra amici degli amici è stato contagiato, in banca ti fanno entrare uno alla volta.
E le scuole non riaprono.
In qualche modo passa la prima settimana, già dal primo lunedì in casa ti senti a disagio e sai che sarà ancora lunga, molto lunga. Cosa puoi fare tu per Milano?
Non rompere i coglioni.
Puoi. Non. Rompere. I. Coglioni.
Questo dovevano dire nel video. Solo questo.
Puoi non lamentarti, puoi non criticare tutto e tutti, puoi tacere.
Zerocalcare lo ha capito bene.
Con un po’ di poetica azzeccata si poteva aggiungere di trovare la forza… la forza per sbrinare il freezer o per riprendere a leggere un romanzo.
Io, per esempio, svuoto scatole.
E chiedo venia per tale dialettica poco femminista che mi contraddistingue solo in rare occasioni… esattamente quando mi rompo i coglioni!!
Perché sapete cosa capita quando sei a casa, alla seconda settimana, estirpata via dalla tua vita? Capisci ora di amare la tua vita… AMARE signori miei, AMO la mia vita.
La amo nonostante voi.
La amo da precaria, da contraddittoria, da artista non realizzata, la amo perché ho capito che nella mia piccola e misera quotidianità io faccio il meglio che posso e l’ho fatto anche per quei cretini che al momento non si chiedono manco come stia io (tutto ok, grazie, ho solo la febbre).
Perché sono depressi.
Non per il virus, sia chiaro.
Sono depressi da mo’… però non fanno nulla per migliorare la propria condizione.
Milano si è già fermata da un pezzo.
Per fortuna poi ci sono quelle come me, che invece affrontano le cose.
E io ne conosco qualcuna.
Be’ amo la mia vita anche se ho ancora in casa 3 scatole piene di roba del mio ex e… fanno male, ma spero solo di non inciamparci su durante le mie notti insonne, ché se casco e mi spacco la testa al pronto soccorso non avrebbero manco un istante di attenzione per me in questo momento.
Be’, per fortuna io la testa me la so spaccare. E me la so anche agghindare!
Ho preparato una maschera di carnevale, una bellissima maschera con materiale di riciclo, ispirata a una delle immagini per me più affascinanti del grandissimo Brian Froud.
Lei è fatata, fatale e favolosa!
Anche la mia maschera a modo suo lo è, soprattutto per i dettagli… e ora è proprio al posto giusto: sull’albero di Natale!
Eh, sì. Perché per anni il Natale mi è stato debitore: d’affetto, serenità e dolcezza.
Quindi, quest’anno, il Natale finisce solo QUANDO LO DICO IO.
Sì, questo è il post di una matta suonata o forse è la piena consapevolezza che… come diceva quella poesia di Mauro Leonardi?
Non bastano le parole, per amare.
Neanche quelle giuste, bastano.
Neanche le parole d’amore bastano per amare.
L’amore non basta… nemmeno il più romantico e incredibile, passionale e sconvolgente… e non basta neppure quello continuo, quello che pare vada sempre tutto bene.
Sempre. Tutto. Bene.
Fanculo.
Non basta dirmi che devo crederci di più per amare, che devo sentirmi l’altro, non basta dirmi che sono io sbagliata perché non so lasciarmi andare totalmente, perché non sono abbastanza grande o sono troppo grande, perché non sono perfetta, perché non piaccio ai suoi genitori.
Io sopravviverò.
Milano Sopravviverà.
Sopravviverà trovando tanta forza da non so dove, accettando questo irreale compromesso di auto-isolamenti, Milano sopravviverà mentre svuoto le vecchie scatole e trovo le mie lettere, le nostre dediche, i tuoi ritratti.
L’albero lo toglierò. Quando sentirò che posso metter via le sue belle lucine.
Per adesso mi serve e me lo tengo stretto, con la maschera di carnevale al posto del pennacchio e a breve ci piazzo sotto un paio di uova di Pasqua.
Se mi va.
Com’era quella storia… sono una Dea, sono un’Artista, mi prendo la libertà di fare ciò che voglio.
Come l’ago che cuce.
Come l’ago che per unire, entra e esce.
Buon periodo di grandi pulizie a tutti!
Credo che siano persone come te che tengono ancora in piedi quel tendone afflosciato del circo che siamo diventati.
Metti tutto in conto, può essere che un giorno tu riscuota il credito.
N.B.
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Per fortuna le persone come me non sono tante, perché le controindicazioni non si contano 🙂
(bellissimo brano)
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