Lettera o testamento?

27.
Sono tornata a Milano da 27 giorni.
Ho combinato abbastanza cazzate da viverli come fossero 3 anni.
E ne sto per fare un’altra.

Ma andiamo con disordine.

Era circa il 2001, quando presentai a mia madre il fidanzatino dell’università. Che di “ino” non aveva proprio nulla dato che era uno stronzo SBUSESTO (cercatelo, ho scoperto da poco di usare questo termine dialettale come fosse italiano…).
Ma mia madre, senza volere – credo – lo fu di più:
“Ah, piacere. Mia figlia si rifà sempre velocemente da ogni storia”.

Perché?
Sono passati quasi 20 anni e mi chiedo ancora perché.
Lui restò pietrificato, senza spiccicar parola, non era un coraggioso – lo scoprii dopo – e ricordo ancora la sua espressione sgomenta. La stessa che fece qualche tempo dopo trovandomi in cucina con un bambino nero (!) in braccio. No, non era mio. Ma forse non mi credette.

Però era vero.
Mi rifaccio. Sempre.
Non sempre velocemente. Ma sempre.
E più ci resto male e più reagisco forte. Non perfettamente sulla giusta retta.
Questo blog nacque un anno esatto fa, come reazione alla mia storia più importante finita ovviamente male. Nacque perché mi venne detto: “Non farlo“.
Ed è stata forse la scelta più saggia del mio ultimo anno, a parte quando mi inventai la marionetta della Maestra Goffreda in lockdown, ma quella è un’altra storia.
Amo questo spazio.
Oso in questo spazio.
So che non dovete rompermi il cazzo in questo spazio.

Per questo ho deciso di condividerlo: sì.
Così. Stamane mi sono svegliata un po’ triste e ho pensato che mi serviva una cosa bella.
Questo (non)luogo è una cosa bella, regalarvene uno spazio è una cosa ancora più bella…
Dunque, anzitutto, ho esposto la mia idea ad alcune persone particolarmente vicine a me, la prima risposta ottenuta è stata: “È una cazzata” (ore 11.43).
Alché ho chiesto un confronto sui social, ricevendo le opinioni più disparate.
Soprattutto per le menate legate ad haters e squilibrati vari. Ma al contempo c’è chi è già pronto, con appunti segreti in tasca, a condividere qui un pezzettino della sua anima.
Non è meraviglioso?

Chiudo la raccolta di confronti di oggi con l’ultima opinione ricevuta:
“Guarda che i cazzi sono MOLTI più degli effetti positivi….😅” (ore 21.21).
Bene.
Facciamolo.

O, meglio, non sono pronta per nulla perché devo capire come fare (a proposito, se ci fossero esperti wordpress o informatici in ascolto, qui servirebbe una mano…), ma ormai ho deciso: voglio uno spazio qui dedicato agli “ospiti”, chiunque può inviarmi il proprio testo, anonimo o firmato, e dire ciò che vuole, come una vera radio libera.
Certo… devo tutelarmi ché non c’ho voglia di finire dagli assistenti sociali per evitarmi la galera (non un’altra volta!), quindi 2 righe di regolamento ve le metto, così ovvie che basta riassumerle in “nulla di illegale”, per quanto io nutra forti dubbi rispetto a cosa sia legale o meno, ma davvero, credetemi, non c’ho cazzi. Ho da fare. Non posso andare in gabbia.

Oppure non vi dico nulla… e – semplicemente – “i pezzi brutti non ve li passo” (cit).

Inoltre, devo trovare il modo di tutelarvi, cioè darvi la possibilità di inviarmi i vostri testi in maniera del tutto anonima se lo desiderate (informaaaatiiiiciiiiii, help, help me, please, ricambio con disegni su richiesta e amuleti magici di protezione handmade).

Nel frattempo, da qualsiasi indirizzo, potete mandarmi qui tutto ciò che è vostro pensiero, ossessione, dichiarazione, omissione, lettera o testamento:

vanadiaart@gmail.com


Be’, questa è la cosa importante di oggi.
Poi c’è stata la cosa importante di ieri, che però la lasciamo su ieri e solo ieri, perché era proprio carina. Una cosa molto carina. Amen.
E c’è stata la cosa importantissima del weekend appena trascorso, un Open Day che grazie a un dio non viene ripetuto spesso durante l’anno, perché per me è come preparare gli esami.
ODIAVO esser esaminata. Non c’avevo più voglia di barattare la mia conoscenza con un numero. Dal ’94 circa. In quarto ginnasio mi ero già rotta i coglioni.
Ma la sera prima di ogni open day… succede ancora: PA-NI-CO.
Si dorme poco, ci si incasina sulle tavole da esporre, non si sa che pesci pigliare con le performance live, si capisce che a spiegarlo agli altri proprio non si riesce a renderlo, si arriva al mattino tremanti e sudati in sede e senza avere il tempo di poggiare i bagagli si viene circondati da “gente che ti stava aspettando, dove cazzo eri?!” (eh, se dormi 3 ore, voglio vedere te…). E inizia il carosello.
Splendido.
Emozionante.
Dolcissimo.
Felice.
Beeeeello.

Quest’anno l’emozione maggiore, tra le tantissime, è stata una incantevole ragazza di 92 anni.
“Ogni pomeriggio dovevo darle il mio computer” ha detto la nipote che l’accompagnava “oggi abbiamo scoperto che eravate qui per l’open day ed è voluta venire a conoscervi…”.
La vecchina accanto non so se sorridesse, avevamo tutti la mascherina, però aveva gli occhi lucidi quando mi ha detto che “siete stati la cosa più bella di quel periodo, ero chiusa in casa, avevo tanta paura, ma ogni pomeriggio imparavo qualcosa, disegnavo con voi. Ho fatto i ritratti… e poi i gattini, chi è l’insegnante dei gattini?”.

Venga Signora, la porto dall’insegnante dei gattini, anche se mi stanno tremando le ginocchia e vorrei abbracciarla forte ma non posso perché sia mai che io la contagi e la faccia schiattare seduta stante, ma, vede, lei oggi ha dato un senso a me, a quelle fottute dirette che mi chiedevo che senso avessero, alle giornate infinite e stantie, che non si capiva più nulla delle emozioni, eravamo così confusi mia cara signora, io lo ero, mi ero persa e lei ora mi dice che ho fatto qualcosa di buono. Davvero? Davvero me lo sta dicendo?
Davvero non ho solo fatto cazzate in lockdown? Come negli ultimi 27 giorni? Come dal ’94?
Oh, cara, carissima Signora…

E il mondo si ferma.
Per oggi non ci vai all’inferno.
Oggi no.
Oggi provi una felicità libera e gratuita.

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