Passa

Se chiudo gli occhi le rivedo.
Una… verde.
Due… diverso.
Tre… wow.
Quattro… offuscato.

Quattro foto che ho perso. Succede se ti scippano il cellulare dalle mani e non sei preparata a quell’evenienza, roba che je devi menà al tipo che ti dice: “Ma lei non ha gridato AL LADRO AL LADRO! ha gridato altro… io non ho capito, sennò ce l’avrei fatta a fermarlo”. Ma vaffanculo va.
Vabbe’. Il cell andò. L’apprensione del tipo di passaggio anche. Sono cose che capitano.
Un po’ fanno male e un po’ è la liberazione dalla casa della nemesi di Tyler Durden che brucia. E brucia.
Estremamente liberatorio.
Cosa resterà di ognuno di noi mentre la fine ci viene incontro tendendoci la mano? Crediamo ancora di essere immortali? Ragazzini? Senza fine?
Idioti.
Be’, persi quelle quattro foto. Insieme a molto altro.
Ma ugualmente non riesco a liberarmene, forse sarebbe opportuno un incendio nel mio ippocampo, un bel repulisti con tanto di anticalcare! E invece no… invece quelle immagini si stagliano presuntuose… le ricordo in ogni dettaglio…
Angoli degli occhi, nuance, postura, fierezza. Maledizione.
E come una matta le ricercherò spasmodicamente. Ridicolarmente. Segretamente.
È quel giro in si di cui non parli.
Si può o non si può amare senza rancori…?
Si può o non si può amare a piccole dosi?
Senza rischiare di perdersi.


C’è da scipparsi gli occhi dalle orbite mentre dall’altra parte c’è un tenero cascare in piedi. È la storia che si ripete, è il filo di ragnatela che ritornerà sempre, su questa sedia, in questa sera… proprio come ci diceva Nietzsche. Lui lo sapeva già.
Ti denuncio!
No, non si può amare a piccole dosi, io almeno non so cosa sia.
Forse un giorno, da vecchia, riceverò una lettera.
Forse dimenticherò tutto.
Ma com’è che il tempo scorre così lento? Denso? Insormontabile come lava?
E intanto succedono cose. Succedono sempre.
Chissà.

Continuo la spasmodica ricerca di quelle quattro fottutissime foto.
E mentre le cerco rinuncio a opportunità.
Non importa nulla però.
Io cerco.

“Pronto, carabinieri.”
“Salve, devo denunciare una scomparsa.”
“Minore?”
“Mh, no.”
“Infermo?”
“Be’, punti di vista…”
“Abbandono di tetto coniugale?”
“Oh, no, no.”
“Allora perché ci sta chiamando?”
“Perché sono stata abbandonata!”
“Ma, signora, signorina…”
“Signorina.”
“Signorina, ok, da chi è stata abbandonata?”
“… da una persona importante…”
“Mi scusi ma credo lei stia sbagliando servizio.”
“No. Mi ascolti, non sto sbagliando, mi dia 3 minuti e le spiego…”
“Tre minuti signorina, solo 3.”
“Ok.”
“Mi dica.”
“Guardi, a me la sua faccia manco piaceva… era un discorso di disperazione, sa il classico chiodo schiaccia chiodo? Be’, si è mai detto che il secondo chiodo possa crocifiggere Cristo in terra? Vabbe’… dicevo… niente, una faccia normale, insignificante direi, se non fosse che iniziammo a parlare, e a me chi parla in un certo modo mi piglia, ma mica era predeterminato, eh! Assolutamente no… ma quella faccia, quegli occhi mi hanno impalata e ora mi ritrovo qui, abbandonata.”
“Ma, signorina! Non si può essere abbandonati da qualcuno con cui non si ha un contratto sociale!”
“Lei ha ragione, ma il cuore dove lo mette?”
“Eh… signorina, il cuore… da quando il cuore ha una rilevanza convenzionale? Suvvia!”
“Lo so, è sopravvalutato. Però mi dia ancora un attimo. Vede, iniziammo a scambiare confidenza, segreti, sa i segreti quelli segretissimi? Quelli che ci tengono vivi? Ecco, quelli. Tipo carte di Magic: io do a te e tu dai a me. Facemmo così… forse inconsapevoli del rischio, stolti, o forse il rischio era solo mio. Plausibile. Fatto sta che accanto alle parole ci mettemmo i gesti, gesti forti sa… intensi, complici, estremi. Sbagliammo, lo so, sbagliammo. Eravamo ingestibili.”
“Signorina, mi sta dicendo che le fece del male?”
“Sì. No. Cioè… era bellissimo.”
“Era consensuale?”
“Di brutto!”
“E allora cosa vuole denunciare signorina?!”
“Io… vede… io, io voglio denunciare l’amore. Il mio! Voglio denunciarlo! Voglio denunciare le sue mani, la sua pelle. Posso?”
“Capisco. Non è la prima, sa? Non abbiamo un protocollo ufficiale, ma prenderò in carico la sua segnalazione.”
“La ringrazio. Mi faccia sapere se risolvete.”
“Eh, signorina, qui non si risolve mai nulla, ma forse ci si può mettere una pietra sopra.”
“Lo spero, la ringrazio, buona serata.”
“Buona sera, signorina. Non pianga.”
“Magari solo un po’. Grazie”.
“Signorina? È ancora lì?”
“Sì.”
“Senta… poi passa. Passa sempre. Ne raccolgo tante di denunce così… mi creda.”
“Io le credo, ma è lunga. Buonanotte.”
“Notte.”

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